INTAKT RECORDS – CD-REVIEWS
DAVID MOSS

 

DAVID MOSS. VOCAL VILLAGE PROJECT. INTAKT CD 068

 

Extraordinary performances
I've never been a great fan of either the Phil Minton or the Bobby McFerrin schools of vocal gymnastics. But Minton's presence here, with fellow vocalists Catherine Jauniaux, Koichi Makigami and leader David Moss, results in some extraordinary performances. Frank Schulte is on electronics, and Makigami plays conch shells and mouth harps as well. Recorded live in Zurich in 1997, with no overdubs or manipulation, all compositions are by the vocalists. There's a compendious variety of vocal effects and moods, from Schoenbergian angst on «Mood Change Maestros» to the eerily limpid «Paradise On Jupiter». On «Trading Post» Schulte comes into his own, settingup an electronic beat with effects.
Andy Hamilton, The Wire, London, Dezember 2001

 

Experimental vocalists, David Moss and Phil Minton spearhead a quintet on this 1998 date, recorded live in Zurich, Switzerland. Moss also employs electronics and drums, with others who augment the performances with percussion, additional vocals, and synths. All told, the musicians spin quite a few yarns that either venture into the macabre via voice processing techniques or when perpetuating melodramatic dreamscapes in concert with whimsical passages. Nonetheless, the performers cover a broad spectrum throughout these generally fascinating encounters.
Glenn Astarita, Jan. 2002, wwww.allaboutjazz.com

 

Vier Stimmen der besonderen Art, Moss, Catherine Jauniaux, Koichi Makigami und Phil Minton, dazu Frank Schulte mit Electronics und Keyboards, Moss selbst bringt noch Drums & ebenfalls Electronics zum Einsatz, der Japaner steuert zusätzlich Maultrommel- und Muschelhornsounds bei. Ihre Maulwerk-Performances entführen in ein vokales Absurdistan, in die Aufführung der ersten Pygmäenoper, in die Abgründe der Inuit-Hitparade, in koreanische Verhohnepipelungen von No-Theater, in eine japanische Cabaret-Voltaire-Karaoke-Bar, ins Loony-Toons-Synchronisationsstudio, zu Phil Minton unter der Dusche. Hartgesottene Fans von Incredible Strangeness und sonstige Spektakelsüchtige dürfen jubilieren, Weicheier wie ich halten trotz Ohropax und Pampers einen gewissen Sicherheitsabstand.
Bad Alchemy, Würzburg, Deutschland, 39/2002


Surreal-assoziative Reise ins Dorf der Stimmen
«Fade in: Paradise on Jupiter.» Er krächzt, röchelt, röhrt, stammelt und stottert wieder - der Sänger und Perkussionist David Moss. In den 80er Jahren zur Speerspitze der New Yorker Downtonwn-Avantgarde um John Zorn gehörend, lädt er jetzt auf seiner neusten CD zu einem Besuch in sein imaginäres Vocal Village ein. «Anything can happens here.» Nicht nur die klangliche Ähnlichkeit des Projektnamens erinnert an das Global Village. Mit der Belgierin Catherine Jauniaux, dem Japaner Koichi Makigami und dem Engländer Phil Minton hatte der Wahlberliner Moss 1998 einige der gewandtesten Stimmakrobaten des Weltdorfes zu einem Konzert in Zürich um sich geschart. «It's a simple story: four men and a woman begin zu play on a stage in a country that none of them were born in.» Ganz so einfach ist die Geschichte nicht. Was zunächst wie ein unübersichtliches Sammelsurium von Tonfetzen, wilden Lautmalereien und abstrusen Stilzitaten erscheint, ist Resultat einer spielerischen, aber präzisen Klangdramturgie. «Share this information storm.» Vom Geräusch bis zum Belcanto - hier ist wirklich alles vereinigt, was menschliche Stimmbänder hergeben. «Vocal chords vibrate and bark.» Kongenial begleitet und gelegentlich auch konterkariert werden die vier Sänger vom Kölner Keyboarder und Sampling-Spezialisten Frank Schulte. «New flings of soundworlds every 15 seconds.» Wer bereits die Vorgänger-CD «Time Stories» besitzt, auf der sich nahezu die selben Protagonisten in Duos austoben, wird sich über diese Fortsetzung freuen. Wer nicht, hat nun die Gelgenheit, sich sein musikalisches Koordinatensystem mal wieder so richtig durcheinander wirbeln zu lassen. «Setting the stage for a big change.» Kaum jemand beschreibt diese Musik besser als David Moss im Booklet zur CD. Deshalb die zahlreichen Zitate - und auch, um einen halbwegs angemessenen Eindruck von dieser unglaublich komischen, surreal-assoziativen Reise ins Dorf der Stimmen zu geben. «Loogking back, the village lights burn and flicker while we dive.»
Alexander Kurz, Jazzpodium 3/02, Deutschland

Enregistré à la Rote Fabrik de Zurich le 24 octobre 1974, le neouveau projet de David Moss réunit les voix dérivantes de Catherine Jauniaux, Koichi Makigami, Phil Minton, David Moss himself et les synthétiseurs et autres samples du grouillant Frank Schulte. Les voix jouent d'un curieux arrière-plan, ne s'entremêlent que dans une apparente et agréable timidité, évitent l'exploit vocal en se cenentrant sur l'écoute et le dialogue assuré. Et même si le déferlement n'a d'autre solution que de surgir à un moment au à un autre (Investigating Musous ici), la musique du Vocal Village Project n'impose aucune tension ou démonstration. Mieux, elle dérive vers les terres enfantines, se fait musique du déplacement. Soit la voix dans quelques-uns de ses plus baux et imaginaires état.
Luc Bouquet, Impro Jazz, Magazine d'information musicale, France, Février 2002

 

David Moss: al canto do un libero spazio

Marcello Lorrai

* L'Institute for living voice nasce da una tua idea ?

E' stato il mio sogno per oltre dieci anni: creare un "luogo" dove meravigliosi, formidabili cantanti di ogni parte del mondo potessero incontrarsi una o due volte all'anno e condurre workshop, dare concerti, esporre le loro idee, raccontare le proprie esperienze sulla voce umana. Questo "luogo" avrebbe invitato a partecipare chiunque fosse stato interessato al canto, frequentando i workshop e assistendo ad eventi vocali. Mi sembrava che benché esistessero già molti conservatori, scuole di jazz, centri di world music, tutti questi ambiti offrissero però una visione un po' angusta del canto. Io immaginavo invece un posto in cui ogni genere di canto potesse essere disponibile, e venisse considerato ugualmente insteressante: dove allievi e insegnanti potessero lavorare assieme al di fuori di qualsiasi restrizione di categoria musicale. Il mio sogno era un "luogo" dove lo scopo fosse veramente il piacere del canto.

* L'ILV è un esempio unico o esistono altre esperienze, in Europa o negli Usa, di centri per la vocalità contemporanea ?

A quanto mi consta l'ILV è un caso unico al mondo. Naturalmente esistono molti festival dedicati alla voce, rassegne annuali consacrate vuoi al canto corale, vuoi a quello operistico piuttosto che a quello armonico, e ci sono molte università che posono affrire una eccellente formazione sulla voce. Ma l'ILV è unico per il fatto di accogliere /qualunque studente che voglia cantare/ (corsivo). Non ci sono audizioni preliminari, non sono richiesti requisiti particolari né ci sono limitazioni. Alla maggior parte dei workshop può iscriversi chiunque: accettiamo partecipanti dai quindici agli ottant'anni, con qualunque background (musica, teatro, danza, professionisti, non professionisti, insegnanti, giovani melomani, ecc.). L'unica regola che ho stabilito è che agli aspiranti partecipanti ai workshop è richiesto di seguire almeno due workshop diversi: in maniera da sperimentare davvero quello che l'ILV cerca di fare, e cioè abbattere i confini fra i generi musicali e rendere più produttivo l'apprendimento della vocalità attraverso lo studio incrociato di tecniche e stili differenti, dal pop postmoderno al belcanto e all'opera, dall'hip hop elettronico al cabaret e alla canzone, dalle tradizioni etniche alle sperimentazioni più estreme. Naturalmente è possibile che alcuni workshop siano riservati a professionisti, o a partecipanti con un certo tipo di preparazione. Le regole per l'ammissione a ciascun workshop sono stabilite da chi lo conduce, e siccome invito cantanti di grande carattere e creatività, con idee e stili molto sviluppati, a questi docenti desidero lasciare la libertà di decidere che genere di workshop vogliono tenere e per che genere di allievi.

* Come mai proprio in Belgio ? Chi finanzia la scuola ?

Negli ultimi dieci anni ho parlato con molta gente della mia idea, che piaceva praticamente a tutti, ma che appariva un sogno impossibile. Poi nel luglio 1999 ho incontrato a Salisburgo Guy Coolen, direttore ad Anversa del Muziektheater Transparant. L'idea è piaciuta anche a lui, e ha pensato che il suo teatro ne avrebbe potuto essere lo sponsor in Belgio. Preparai allora una proposta formale e un budget, e Guy lo sottopose come progetto al Muziektheater: ed ecco che improvvisamente l'Institute for living voice era diventato una realtà, con la prospettiva di quattro anni (2001-2004) di sostegno da parte del ministero della cultura fiammingo. Confesso di essere rimasto decisamente sorpreso, e che la cosa mi ha galvanizzato.

* In che senso l'ILV è un progetto "itinerante" ?

Uno degli obiettivi dell'ILV è di lavorare in partenariato con istituzioni artistiche in Belgio e intorno al Belgio. La nostra prima sessione è stata ospitata dal Vooruit Art Center a Gent; la seconda si terrà a Bruges, che nel 2002 sarà capitale europea della cultura; la terza si svolgerà ad Anversa presso il Muziektheater; mentre per la quarta è prevista una collaborazione fra Amsterdam e Marsiglia.

* Come è strutturata l'attività dell'ILV ?

L'ILV offre workshop da uno a dieci giorni di durata, e master class di uno-due giorni; opportunità di cantare in lavori futuri dei nostri insegnanti; discussioni e seminari con i docenti, con ricercatori e altri cantanti; esibizioni degli insegnanti; l'occasione per i partecipanti ai workshop di presentare il loro lavoro in solo; possibilità per i cantanti di esercitarsi; una relazione molto stretta fra allievi e insegnanti. Ogni giorno ci sono almeno due diversi workshop a disposizione . Ogni workshop, a seconda delle scelte degli insegnanti, ha un massimo di partecipanti che va da quattro a venti. Nella nostra prima sessione abbiamo avuto sette workshop e una master class, con sessanta allievi provenienti da sei paesi; molti degli studenti hanno frequentato tre o quattro workshop nel corso di ognuno dei tredici giorni della sessione.

* L'intenzione è di avere una sessione più o meno ogni sei mesi ?

Sì, l'idea è che l'ILV abbia una presenza regolare, due sessioni all'anno, una in primavera e una in autunno. Questo consente ai potenziali studenti di pianificare in anticipo tenendo conto degli insegnanti a cui sono interessati e delle città dove hanno voglia di andare.

* Quali sono stati i criteri nella scelta degli insegnanti ?

Come direttore artistico cerco in ogni sessione di creare un mix di insegnanti che sia il più possibile vario e che offra profondi contrasti, punti di vista estremi sulla voce umana. La prima sessione ha proposto cantanti che operano in campi come la musica sperimantale (Diamanda Galas), la rock/performance poetry (Lydia Lunch), il canto religioso tradizionale pakistano (Ustad Gulan Hassan Shagan), la musica improvvisata (David Moss), il canto difonico/armonico (Tran Quang Hai), l'art rock (Catherine Jauniaux), il canto classico (Susannah Self e Cheryl Barker). Se penso ad uno studente che sceglie due o tre insegnanti all'interno di questa lista, posso stare sicuro che avrà comunque un'esperienza molto varia e che lo metterà alla prova. Del resto cerco sempre insegnanti che possano mostrare la potenza, la diversità e l'intensità della voce umana. Per esempio a Bruges ci saranno fra gli altri Meredith Monk (new songs/sounds), Phil Minton (la voce estrema), Omar Ebrahim (classica contemporanea), David Moss. Ad Anversa Blixa Bargeld (canzoni-storie/testi sulla memoria), Lydia Lunch (la voce che grida), Joan LaBarbara (l'estensione della voce), Greetje Bijma (nuovo jazz), Iva Bittova (songs e performance).

* Quale è il tuo atteggiamento nell'insegnare la voce ?

Credo che ognuno di noi possa cantare e che abbia una voce unica, e che tutti possano sviluppare una vocalità forte e personale. Non sono interessato a cercare di insegnare una certa "tecnica" o "stile" di canto. Per me cantare è un atto molto fisico, che è profondamente legato all'emozione, alla memoria, ai musicoli. E' anche un fatto di intensa creazione: dare vita a suoni, strutture, forme, melodie, ritmi soltanto dal corpo, dalla mente e dalle corde vocali. Cerco di individuare la qualità speciale di ogni voce con cui lavoro, e osservo il corpo/personalità che lo produce. Poi con gentilezza tento di spingere l'allievo a stabilire una nuova relazione con la sua voce, in maniera che possa trovare nuovo materiale per far crescere le sue idee.

* Tu sei la dimostrazione di come si possa sviluppare un talento per la voce anche senza background specifico e una formazione ortodossa. Com'è che ti sei avvicinato al canto ?

Ho cominciato a cantare facendo dei concerti in solo come percussionista. L'ho fatto per ampliare la gamma dei suoni in un'epoca in cui non c'era ancora la possibilità di usare l'elettronica. Volevo espandere le risorse delle mie performance, avere modo di introdurre delle melodie, e così anche accompagnare me stesso con la batteria mentre cantavo. Insomma non avevo intenzione di diventare un cantante, desideravo solo accrescere il mio vocabolario. Ho cominciato a cantare verso il '74-75. Poi negli anni ottanta è arrivata l'era dell'elettronica e ho cominciato ad intrecciare l'uso della voce con quello di gadgets e giocattoli elettronici. Via via ho maturato un interesse sempre maggiore per il canto, e ho iniziato a ripartire il mio impegno fra vocalità e percussioni fino ad arrivare ad essere preso in considerazione come un cantante. * Quali sono secondo te i maggiori problemi nell'insegnamento della vocalità contemporanea ? Ci sono diverse piccole difficoltà. Si tratta di allontanare l'allievo dalla dipendenza da tecniche specifiche. E' necessario aiutare ogni cantante ad andare un gradino oltre le sue abitudini e i suoi cliché: cosa difficile, perchè implica chiedere al cantante di mettere da parte il suo "stile", uno stile che ha magari lavorato molto e duro per padroneggiare, ma che può bloccare ulteriori sviluppi. Nel mio lavoro di insegnante ho messo a punto esercizi e metodi per ottenere questo risultato senza troppe complicazioni: è molto divertente, in realtà.

* Negli ultimi anni della tua intensissima attività, anche tu, come gli allievi dell'ILV, ti sei trovato come vocalist a dover imparare e a metterti in gioco, per esempio con Luciano Berio...

Quando Berio mi ha proposto di partecipare alla sua opera, Cronaca del luogo, che è andata in scena nel '99 a Salisburgo, mi sono incontrato con lui sei o sette volte a Firenze per cantare e mostrargli che cosa facevo esattamente. E a Firenze una volta Berio è venuto con sua moglie e degli amici ad assistere ad un mio solo, e lì mi ha visto proprio nel mio ambito. Così ha potuto capire bene quello che mi piace, e ha poi voluto che portassi il mio feeling personale nel suo lavoro. Attraverso questi incontri Berio ha anche avuto l'idea di creare per me un sistema elettronico che consiste in una serie di sensori applicati sul mio corpo, che servono ad elaborare la mia voce. Mentre canto, la voce viene trasmessa ai computer, che hanno dei programmi per modificarla, e io posso controllare tutto questo processo attraverso i sensori: così mentre canto mi si vedono fare dei movimenti strampalati, perchè è attraverso i gesti che produco l'attivazione dei programmi elettronici. Quindi a Firenze abbiamo lavorato molto sull'elettronica con gli ingegneri impegnati nell'opera. Poi Berio mi ha consegnato la mia partitura, incredibilmente difficile. Infatti non si trattava solo di improvvisazione, ma anche di dodici minuti di musica scritta, la cosa più dificile che mi sia capitato di leggere nella mia vita: non sono un cantante d'opera, non ho mai studiato canto lirico, e so leggere la musica ma leggo lentamente, come un percussionista abituato a leggere musica per percussioni, mentre non so cantare le note della partitura. Così ho dovuto memorizzare tutta la mia parte, le parole in italiano, eccetera, e per me è stato un lavoro bellissimo ma molto difficile.

* Berio è stato soddisfatto del risultato ?

Mi ha chiesto di interpretare la mia parte in maniera più libera, più pazza. A Salisburgo, in vista della prima abbiamo fatto sei settimane di prove. Nell'opera il mio nome è Nino, un personaggio che riprende il carattere del biblico Nimrod, uno degli artefici della torre di Babele, e così il mio ruolo consiste nel lavorare con le lingue , i milioni di lingue di Babele: una parte piena di energia, perfetta per me, proprio il mio genere. In Cronaca del luogo sono impegnati un'orchestra di sessanta elementi, una cinquantina di coristi, una quindicina di bambini, circa venticinque danzatori, dieci strumentisti solisti e sette cantanti, insomma più di centocinquanta persone in scena, e io ero l'unico ad avere il privilegio di uno spazio per improvvisare, la libertà di mettere una attitudine personale dentro l'opera. Durante le prove se avevo un'idea Berio me la lasciava sviluppare, e poi mi diceva: ok, benissimo; oppure: stop, lascia perdere. Insomma ho dovuto seguire esattamente la partitura, ma in alcune sezioni avevo anche molta libertà: Berio è stato davvero aperto al mio senso dell'improvvisazione. Ero l'unico cantante stravagante in mezzo a straordinari cantanti d'opera, che non avevano mai sentito qualcosa come quello che facevo, e non capivano come potessi far venire fuori i suoni che sentivano: per loro ero una specie di mostro buono.

* Se tu dovessi formulare un auspicio, a proposito dei risultati che la tua scuola potrà produrre, cosa diresti ?

Mi interrogo spesso sul destino della performance: mi chiedo se nei prossimi dieci-vent'anni la performance continuerà ad esistere. Mi preocupa la possibilità che i nuovi media possano cambiare l'attitudine della gente. In effetti non sono un grande fan del navigare, del chattare, eccetera: io penso che media come internet siano ok in sé, ma mi preoccupa che possano rimpiazzare, surrogare altre esperienze. Oggi ognuno è occupatissimo, è stressato, è sommerso da troppe informazioni. Vorrei che l'ILV fosse una spinta nella direzione dell'esperienza diretta, della performance, dell'esibizione dal vivo, così come del riservarsi il tempo per incontrare altre persone e compiere assieme delle azioni, produrre suoni e cantare insieme.

 

Percussionista dal Jazz a Berio

David Mos ha iniziato la sua carriera come batterista di jazz, lavorando fra l'altro con il trombettista Bill Dixon. Il Critics Poll di Down Beat lo ha segnalato per cinque anni consecutivi tra i "talenti meritevoli di maggiore riconoscimento", inserendolo poi nel '79 e '80 fra i dieci migliori percussionisti a livello internazionale. Ma l'assiduo ascolto dei dischi di John Coltrane ha costituito per Moss una grande influenza anche sul piano dell'atteggiamento personale e sociale, e, assieme con la consapevolezza dell'unicità di talenti come Elvin Jones e Tony Williams e dell'impossibilità di uguagliarli, ha rappresentato uno stimolo decisivo alla ricerca di una strada non imitativa: strada che Moss ha cominciato ad imboccare sviluppando, a partire dagli anni settanta, una propria poetica del solo di grande originalità, impatto e humour. Negli anni ottanta Moss si è poi affermato come una delle figure di riferimento dell'avantgarde newyorkese: nelle file delle formazioni che ha guidato sono passati personaggi come John Zorn, Fred Frith, Arto Lindsay, Bill Laswell, Jamaaladeen Tacuma, Phil Minton, David Van Tieghem, Christian Marclay, Fred Maher, Wayne Horvitz, Tom Cora. Fra le sue infinite collaborazioni dell'epoca, oltre a quelle con molti dei musicisti citati, vanno ricordate fra l'altro quelle con i Golden Palominos di Anton Fier, con gli Ambitious Lovers di Arto Lindsay, con Kip Hanrahan, George Lewis, Eugene Chadbourne e Sussan Dehim. Sempre negli anni ottanta Moss ha animato il progetto vocale Direct Sound (con la partecipazione di Greetje Bijma, Anna Homler, Shelley Hirsch e Carles Santos), si è dedicato a lavori radiofonici (fra l'altro su testi di Calvino), e ha creato musiche per balletto (Steve Paxton), teatro e videoart.
Dal '91 Moss risiede a Berlino. Negli ultimi anni ha operato abbondantemente nell'ambito del teatro musicale, sia con pieces proprie, spesso in solo, sia in lavori altrui. Collabora con Heiner Goebbels per il lavoro teatrale Prometeus e per il lavoro orchestrale Surrogate Cities, e con Uri Caine (Goldberg Variations e un progetto su Verdi/Otello). Dal '95 si esibisce come ospite con l'Ensemble Modern (con cui ha collaborato per un progetto dedicato a musiche e testi di Frank Zappa).
E' dopo averlo ascoltato a Firenze come solista in un lavoro di Goebbels interpretato dall'Orchestra della Toscana che Luciano Berio (che Moss ammirava fin da giovane) gli ha offerto una parte nella sua opera Cronaca del luogo, che, presentata in prima a Salisburgo nel '99, verrà ripresa nel 2003-2004 a Genova, Londra e Parigi. Berio sta intanto allestendo un nuovo lavoro di teatro musicale in cui Moss figurerà come solista. Fra gli impegni più prestigiosi degli ultimi anni anche la partecipazione alla riedizione di Escalator Over the Hill di Carla Bley. Nel '99 Moss ha presentato il suo gruppo più recente , Vocal Village, all'IRCAM di Parigi. Ultimamente Moss ha realizzato un lavoro per l'Asko Ensemble (Amsterdam), basato su Howl di Allen Ginsberg. Attualmente Moss ha inoltre in repertorio, a parte le pieces più spiccatamente teatrali, diverse formule di "solo concerts".
Un eccellente esempio del temperamento di Moss è fornito dall'album My Favorite Things (Intakt 1991), in cui il vocalist-rumorista si cimenta con pirotecnico, esilarante virtuosismo in una raffica di rivisitazioni che vanno da Dance On di Prince a Ghosts di Ayler, da Round MIdnight di Monk a Chebbah di Khaled. Fra gli altri suoi album recenti si segnalano ancora Texture Time (1994, con la David Moss Dense Band), e Time Stories (1998, serie di duo con Heiner Goebbels, Catherine Jauniaux, Hans Peter Kuhn, Koichi Makigami, Christian Marclay, Phil MInton, Frank Schulte), entrambi su etichetta Intakt. La seconda sessione dell'Institute for living voice si terrà a Bruges dal 13 al 23 aprile. I docenti previsti sono Meredith Monk, Lydia Lunch, David Moss, Phil Minton, Omar Ebrahim (cantante di musica contemporanea britannico, che ha lavorato fra l'altro con Pierre Boulez), e Koichi Makigami (cantante rock giapponese). Per informazioni: 0032-3.225.17.02; info@transparant.be; www.transparant.be
Marcello Lorrai, Musica Jazz, Italia, n 4, aprile 2002

 

So wie viele Intakt Aufnahmen ist auch diese in der Roten Fabrik, Zürcher Sammelbecken für die »freie Szene«, entstanden. Wer David Moss kennt, weiss dass es sich hier um ernsthafte Stimmphänomene handelt, diesmal allerdings ergänzt durch Frank Schultes Keybords und electronics, während der Meister selbst ebenfalls zur Trommel und zum Drehknopf greift. Koichi Makigami steuert nebst Stimme auch noch mystische Maultrommel Sounds bei. Vokalimprovisation, dafür stehen die Namen Moss, Phil Minton, Makigami und Catherine Jauniaux. Schade, dass ich nicht live dabei war, denn die Kunstfertigkeit der Stimmen macht es ja so schwer, die Quelle eines Schreis, Jammerns, Kreischens oder Obertongesanges zu orten. Den vocal chords wird Äusserstes abverlangt, tierische Laute, tiefste Bässe, hecheln, stöhnen, und Schultes Elektronik lassen eine recht packende Live Performance vermuten. So ganz will alt und neu, trotz Schultes Sensibilität (oder ist es Farblosigkeit ?), aber nicht verschmelzen. Manchmal empfiehlt sich, Altbewährtes zu belassen, vergesst Elektronik als Marketing-Strategie.
Denise Riedlinger, skug, Wien, 50/02. www.skug.at

 

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