DAVID
MOSS. VOCAL VILLAGE PROJECT. INTAKT CD 068
Extraordinary performances
I've never been a great fan of either the Phil Minton or the Bobby McFerrin
schools of vocal gymnastics. But Minton's presence here, with fellow
vocalists Catherine Jauniaux, Koichi Makigami and leader David Moss,
results in some extraordinary performances. Frank Schulte is on electronics,
and Makigami plays conch shells and mouth harps as well. Recorded live
in Zurich in 1997, with no overdubs or manipulation, all compositions
are by the vocalists. There's a compendious variety of vocal effects
and moods, from Schoenbergian angst on «Mood Change Maestros»
to the eerily limpid «Paradise On Jupiter». On «Trading
Post» Schulte comes into his own, settingup an electronic beat
with effects.
Andy Hamilton, The Wire, London, Dezember 2001
Experimental vocalists, David
Moss and Phil Minton spearhead a quintet on this 1998 date, recorded
live in Zurich, Switzerland. Moss also employs electronics and drums,
with others who augment the performances with percussion, additional
vocals, and synths. All told, the musicians spin quite a few yarns that
either venture into the macabre via voice processing techniques or when
perpetuating melodramatic dreamscapes in concert with whimsical passages.
Nonetheless, the performers cover a broad spectrum throughout these
generally fascinating encounters.
Glenn Astarita, Jan. 2002, wwww.allaboutjazz.com
Vier Stimmen der besonderen
Art, Moss, Catherine Jauniaux, Koichi Makigami und Phil Minton, dazu
Frank Schulte mit Electronics und Keyboards, Moss selbst bringt noch
Drums & ebenfalls Electronics zum Einsatz, der Japaner steuert zusätzlich
Maultrommel- und Muschelhornsounds bei. Ihre Maulwerk-Performances entführen
in ein vokales Absurdistan, in die Aufführung der ersten Pygmäenoper,
in die Abgründe der Inuit-Hitparade, in koreanische Verhohnepipelungen
von No-Theater, in eine japanische Cabaret-Voltaire-Karaoke-Bar, ins
Loony-Toons-Synchronisationsstudio, zu Phil Minton unter der Dusche.
Hartgesottene Fans von Incredible Strangeness und sonstige Spektakelsüchtige
dürfen jubilieren, Weicheier wie ich halten trotz Ohropax und Pampers
einen gewissen Sicherheitsabstand.
Bad Alchemy, Würzburg, Deutschland, 39/2002
Surreal-assoziative Reise
ins Dorf der Stimmen
«Fade in: Paradise on Jupiter.» Er krächzt, röchelt,
röhrt, stammelt und stottert wieder - der Sänger und Perkussionist
David Moss. In den 80er Jahren zur Speerspitze der New Yorker Downtonwn-Avantgarde
um John Zorn gehörend, lädt er jetzt auf seiner neusten CD
zu einem Besuch in sein imaginäres Vocal Village ein. «Anything
can happens here.» Nicht nur die klangliche Ähnlichkeit des
Projektnamens erinnert an das Global Village. Mit der Belgierin Catherine
Jauniaux, dem Japaner Koichi Makigami und dem Engländer Phil Minton
hatte der Wahlberliner Moss 1998 einige der gewandtesten Stimmakrobaten
des Weltdorfes zu einem Konzert in Zürich um sich geschart. «It's
a simple story: four men and a woman begin zu play on a stage in a country
that none of them were born in.» Ganz so einfach ist die Geschichte
nicht. Was zunächst wie ein unübersichtliches Sammelsurium
von Tonfetzen, wilden Lautmalereien und abstrusen Stilzitaten erscheint,
ist Resultat einer spielerischen, aber präzisen Klangdramturgie.
«Share this information storm.» Vom Geräusch bis zum
Belcanto - hier ist wirklich alles vereinigt, was menschliche Stimmbänder
hergeben. «Vocal chords vibrate and bark.» Kongenial begleitet
und gelegentlich auch konterkariert werden die vier Sänger vom
Kölner Keyboarder und Sampling-Spezialisten Frank Schulte. «New
flings of soundworlds every 15 seconds.» Wer bereits die Vorgänger-CD
«Time Stories» besitzt, auf der sich nahezu die selben Protagonisten
in Duos austoben, wird sich über diese Fortsetzung freuen. Wer
nicht, hat nun die Gelgenheit, sich sein musikalisches Koordinatensystem
mal wieder so richtig durcheinander wirbeln zu lassen. «Setting
the stage for a big change.» Kaum jemand beschreibt diese Musik
besser als David Moss im Booklet zur CD. Deshalb die zahlreichen Zitate
- und auch, um einen halbwegs angemessenen Eindruck von dieser unglaublich
komischen, surreal-assoziativen Reise ins Dorf der Stimmen zu geben.
«Loogking back, the village lights burn and flicker while we dive.»
Alexander Kurz, Jazzpodium 3/02, Deutschland
Enregistré à
la Rote Fabrik de Zurich le 24 octobre 1974, le neouveau projet de David
Moss réunit les voix dérivantes de Catherine Jauniaux,
Koichi Makigami, Phil Minton, David Moss himself et les synthétiseurs
et autres samples du grouillant Frank Schulte. Les voix jouent d'un
curieux arrière-plan, ne s'entremêlent que dans une apparente
et agréable timidité, évitent l'exploit vocal en
se cenentrant sur l'écoute et le dialogue assuré. Et même
si le déferlement n'a d'autre solution que de surgir à
un moment au à un autre (Investigating Musous ici), la musique
du Vocal Village Project n'impose aucune tension ou démonstration.
Mieux, elle dérive vers les terres enfantines, se fait musique
du déplacement. Soit la voix dans quelques-uns de ses plus baux
et imaginaires état.
Luc Bouquet, Impro Jazz, Magazine d'information musicale, France,
Février 2002
David Moss:
al canto do un libero spazio
Marcello Lorrai
* L'Institute for living
voice nasce da una tua idea ?
E' stato il mio sogno
per oltre dieci anni: creare un "luogo" dove meravigliosi, formidabili
cantanti di ogni parte del mondo potessero incontrarsi una o due
volte all'anno e condurre workshop, dare concerti, esporre le
loro idee, raccontare le proprie esperienze sulla voce umana.
Questo "luogo" avrebbe invitato a partecipare chiunque fosse stato
interessato al canto, frequentando i workshop e assistendo ad
eventi vocali. Mi sembrava che benché esistessero già molti conservatori,
scuole di jazz, centri di world music, tutti questi ambiti offrissero
però una visione un po' angusta del canto. Io immaginavo invece
un posto in cui ogni genere di canto potesse essere disponibile,
e venisse considerato ugualmente insteressante: dove allievi e
insegnanti potessero lavorare assieme al di fuori di qualsiasi
restrizione di categoria musicale. Il mio sogno era un "luogo"
dove lo scopo fosse veramente il piacere del canto.
* L'ILV è un esempio
unico o esistono altre esperienze, in Europa o negli Usa, di centri
per la vocalità contemporanea ?
A quanto mi consta
l'ILV è un caso unico al mondo. Naturalmente esistono molti festival
dedicati alla voce, rassegne annuali consacrate vuoi al canto
corale, vuoi a quello operistico piuttosto che a quello armonico,
e ci sono molte università che posono affrire una eccellente formazione
sulla voce. Ma l'ILV è unico per il fatto di accogliere /qualunque
studente che voglia cantare/ (corsivo). Non ci sono audizioni
preliminari, non sono richiesti requisiti particolari né ci sono
limitazioni. Alla maggior parte dei workshop può iscriversi chiunque:
accettiamo partecipanti dai quindici agli ottant'anni, con qualunque
background (musica, teatro, danza, professionisti, non professionisti,
insegnanti, giovani melomani, ecc.). L'unica regola che ho stabilito
è che agli aspiranti partecipanti ai workshop è richiesto di seguire
almeno due workshop diversi: in maniera da sperimentare davvero
quello che l'ILV cerca di fare, e cioè abbattere i confini fra
i generi musicali e rendere più produttivo l'apprendimento della
vocalità attraverso lo studio incrociato di tecniche e stili differenti,
dal pop postmoderno al belcanto e all'opera, dall'hip hop elettronico
al cabaret e alla canzone, dalle tradizioni etniche alle sperimentazioni
più estreme. Naturalmente è possibile che alcuni workshop siano
riservati a professionisti, o a partecipanti con un certo tipo
di preparazione. Le regole per l'ammissione a ciascun workshop
sono stabilite da chi lo conduce, e siccome invito cantanti di
grande carattere e creatività, con idee e stili molto sviluppati,
a questi docenti desidero lasciare la libertà di decidere che
genere di workshop vogliono tenere e per che genere di allievi.
* Come mai proprio
in Belgio ? Chi finanzia la scuola ?
Negli ultimi dieci
anni ho parlato con molta gente della mia idea, che piaceva praticamente
a tutti, ma che appariva un sogno impossibile. Poi nel luglio
1999 ho incontrato a Salisburgo Guy Coolen, direttore ad Anversa
del Muziektheater Transparant. L'idea è piaciuta anche a lui,
e ha pensato che il suo teatro ne avrebbe potuto essere lo sponsor
in Belgio. Preparai allora una proposta formale e un budget, e
Guy lo sottopose come progetto al Muziektheater: ed ecco che improvvisamente
l'Institute for living voice era diventato una realtà, con la
prospettiva di quattro anni (2001-2004) di sostegno da parte del
ministero della cultura fiammingo. Confesso di essere rimasto
decisamente sorpreso, e che la cosa mi ha galvanizzato.
* In che senso l'ILV
è un progetto "itinerante" ?
Uno degli obiettivi
dell'ILV è di lavorare in partenariato con istituzioni artistiche
in Belgio e intorno al Belgio. La nostra prima sessione è stata
ospitata dal Vooruit Art Center a Gent; la seconda si terrà a
Bruges, che nel 2002 sarà capitale europea della cultura; la terza
si svolgerà ad Anversa presso il Muziektheater; mentre per la
quarta è prevista una collaborazione fra Amsterdam e Marsiglia.
* Come è strutturata
l'attività dell'ILV ?
L'ILV offre workshop
da uno a dieci giorni di durata, e master class di uno-due giorni;
opportunità di cantare in lavori futuri dei nostri insegnanti;
discussioni e seminari con i docenti, con ricercatori e altri
cantanti; esibizioni degli insegnanti; l'occasione per i partecipanti
ai workshop di presentare il loro lavoro in solo; possibilità
per i cantanti di esercitarsi; una relazione molto stretta fra
allievi e insegnanti. Ogni giorno ci sono almeno due diversi workshop
a disposizione . Ogni workshop, a seconda delle scelte degli insegnanti,
ha un massimo di partecipanti che va da quattro a venti. Nella
nostra prima sessione abbiamo avuto sette workshop e una master
class, con sessanta allievi provenienti da sei paesi; molti degli
studenti hanno frequentato tre o quattro workshop nel corso di
ognuno dei tredici giorni della sessione.
* L'intenzione è di
avere una sessione più o meno ogni sei mesi ?
Sì, l'idea è che l'ILV
abbia una presenza regolare, due sessioni all'anno, una in primavera
e una in autunno. Questo consente ai potenziali studenti di pianificare
in anticipo tenendo conto degli insegnanti a cui sono interessati
e delle città dove hanno voglia di andare.
* Quali sono stati
i criteri nella scelta degli insegnanti ?
Come direttore artistico
cerco in ogni sessione di creare un mix di insegnanti che sia
il più possibile vario e che offra profondi contrasti, punti di
vista estremi sulla voce umana. La prima sessione ha proposto
cantanti che operano in campi come la musica sperimantale (Diamanda
Galas), la rock/performance poetry (Lydia Lunch), il canto religioso
tradizionale pakistano (Ustad Gulan Hassan Shagan), la musica
improvvisata (David Moss), il canto difonico/armonico (Tran Quang
Hai), l'art rock (Catherine Jauniaux), il canto classico (Susannah
Self e Cheryl Barker). Se penso ad uno studente che sceglie due
o tre insegnanti all'interno di questa lista, posso stare sicuro
che avrà comunque un'esperienza molto varia e che lo metterà alla
prova. Del resto cerco sempre insegnanti che possano mostrare
la potenza, la diversità e l'intensità della voce umana. Per esempio
a Bruges ci saranno fra gli altri Meredith Monk (new songs/sounds),
Phil Minton (la voce estrema), Omar Ebrahim (classica contemporanea),
David Moss. Ad Anversa Blixa Bargeld (canzoni-storie/testi sulla
memoria), Lydia Lunch (la voce che grida), Joan LaBarbara (l'estensione
della voce), Greetje Bijma (nuovo jazz), Iva Bittova (songs e
performance).
* Quale è il tuo atteggiamento
nell'insegnare la voce ?
Credo che ognuno di
noi possa cantare e che abbia una voce unica, e che tutti possano
sviluppare una vocalità forte e personale. Non sono interessato
a cercare di insegnare una certa "tecnica" o "stile" di canto.
Per me cantare è un atto molto fisico, che è profondamente legato
all'emozione, alla memoria, ai musicoli. E' anche un fatto di
intensa creazione: dare vita a suoni, strutture, forme, melodie,
ritmi soltanto dal corpo, dalla mente e dalle corde vocali. Cerco
di individuare la qualità speciale di ogni voce con cui lavoro,
e osservo il corpo/personalità che lo produce. Poi con gentilezza
tento di spingere l'allievo a stabilire una nuova relazione con
la sua voce, in maniera che possa trovare nuovo materiale per
far crescere le sue idee.
* Tu sei la dimostrazione
di come si possa sviluppare un talento per la voce anche senza
background specifico e una formazione ortodossa. Com'è che ti
sei avvicinato al canto ?
Ho cominciato a cantare
facendo dei concerti in solo come percussionista. L'ho fatto per
ampliare la gamma dei suoni in un'epoca in cui non c'era ancora
la possibilità di usare l'elettronica. Volevo espandere le risorse
delle mie performance, avere modo di introdurre delle melodie,
e così anche accompagnare me stesso con la batteria mentre cantavo.
Insomma non avevo intenzione di diventare un cantante, desideravo
solo accrescere il mio vocabolario. Ho cominciato a cantare verso
il '74-75. Poi negli anni ottanta è arrivata l'era dell'elettronica
e ho cominciato ad intrecciare l'uso della voce con quello di
gadgets e giocattoli elettronici. Via via ho maturato un interesse
sempre maggiore per il canto, e ho iniziato a ripartire il mio
impegno fra vocalità e percussioni fino ad arrivare ad essere
preso in considerazione come un cantante. * Quali sono secondo
te i maggiori problemi nell'insegnamento della vocalità contemporanea
? Ci sono diverse piccole difficoltà. Si tratta di allontanare
l'allievo dalla dipendenza da tecniche specifiche. E' necessario
aiutare ogni cantante ad andare un gradino oltre le sue abitudini
e i suoi cliché: cosa difficile, perchè implica chiedere al cantante
di mettere da parte il suo "stile", uno stile che ha magari lavorato
molto e duro per padroneggiare, ma che può bloccare ulteriori
sviluppi. Nel mio lavoro di insegnante ho messo a punto esercizi
e metodi per ottenere questo risultato senza troppe complicazioni:
è molto divertente, in realtà.
* Negli ultimi anni
della tua intensissima attività, anche tu, come gli allievi dell'ILV,
ti sei trovato come vocalist a dover imparare e a metterti in
gioco, per esempio con Luciano Berio...
Quando Berio mi ha
proposto di partecipare alla sua opera, Cronaca del luogo, che
è andata in scena nel '99 a Salisburgo, mi sono incontrato con
lui sei o sette volte a Firenze per cantare e mostrargli che cosa
facevo esattamente. E a Firenze una volta Berio è venuto con sua
moglie e degli amici ad assistere ad un mio solo, e lì mi ha visto
proprio nel mio ambito. Così ha potuto capire bene quello che
mi piace, e ha poi voluto che portassi il mio feeling personale
nel suo lavoro. Attraverso questi incontri Berio ha anche avuto
l'idea di creare per me un sistema elettronico che consiste in
una serie di sensori applicati sul mio corpo, che servono ad elaborare
la mia voce. Mentre canto, la voce viene trasmessa ai computer,
che hanno dei programmi per modificarla, e io posso controllare
tutto questo processo attraverso i sensori: così mentre canto
mi si vedono fare dei movimenti strampalati, perchè è attraverso
i gesti che produco l'attivazione dei programmi elettronici. Quindi
a Firenze abbiamo lavorato molto sull'elettronica con gli ingegneri
impegnati nell'opera. Poi Berio mi ha consegnato la mia partitura,
incredibilmente difficile. Infatti non si trattava solo di improvvisazione,
ma anche di dodici minuti di musica scritta, la cosa più dificile
che mi sia capitato di leggere nella mia vita: non sono un cantante
d'opera, non ho mai studiato canto lirico, e so leggere la musica
ma leggo lentamente, come un percussionista abituato a leggere
musica per percussioni, mentre non so cantare le note della partitura.
Così ho dovuto memorizzare tutta la mia parte, le parole in italiano,
eccetera, e per me è stato un lavoro bellissimo ma molto difficile.
* Berio è stato soddisfatto
del risultato ?
Mi ha chiesto di interpretare
la mia parte in maniera più libera, più pazza. A Salisburgo, in
vista della prima abbiamo fatto sei settimane di prove. Nell'opera
il mio nome è Nino, un personaggio che riprende il carattere del
biblico Nimrod, uno degli artefici della torre di Babele, e così
il mio ruolo consiste nel lavorare con le lingue , i milioni di
lingue di Babele: una parte piena di energia, perfetta per me,
proprio il mio genere. In Cronaca del luogo sono impegnati un'orchestra
di sessanta elementi, una cinquantina di coristi, una quindicina
di bambini, circa venticinque danzatori, dieci strumentisti solisti
e sette cantanti, insomma più di centocinquanta persone in scena,
e io ero l'unico ad avere il privilegio di uno spazio per improvvisare,
la libertà di mettere una attitudine personale dentro l'opera.
Durante le prove se avevo un'idea Berio me la lasciava sviluppare,
e poi mi diceva: ok, benissimo; oppure: stop, lascia perdere.
Insomma ho dovuto seguire esattamente la partitura, ma in alcune
sezioni avevo anche molta libertà: Berio è stato davvero aperto
al mio senso dell'improvvisazione. Ero l'unico cantante stravagante
in mezzo a straordinari cantanti d'opera, che non avevano mai
sentito qualcosa come quello che facevo, e non capivano come potessi
far venire fuori i suoni che sentivano: per loro ero una specie
di mostro buono.
* Se tu dovessi formulare
un auspicio, a proposito dei risultati che la tua scuola potrà
produrre, cosa diresti ?
Mi interrogo spesso
sul destino della performance: mi chiedo se nei prossimi dieci-vent'anni
la performance continuerà ad esistere. Mi preocupa la possibilità
che i nuovi media possano cambiare l'attitudine della gente. In
effetti non sono un grande fan del navigare, del chattare, eccetera:
io penso che media come internet siano ok in sé, ma mi preoccupa
che possano rimpiazzare, surrogare altre esperienze. Oggi ognuno
è occupatissimo, è stressato, è sommerso da troppe informazioni.
Vorrei che l'ILV fosse una spinta nella direzione dell'esperienza
diretta, della performance, dell'esibizione dal vivo, così come
del riservarsi il tempo per incontrare altre persone e compiere
assieme delle azioni, produrre suoni e cantare insieme.
Percussionista
dal Jazz a Berio
David Mos ha iniziato
la sua carriera come batterista di jazz, lavorando fra l'altro
con il trombettista Bill Dixon. Il Critics Poll di Down Beat lo
ha segnalato per cinque anni consecutivi tra i "talenti meritevoli
di maggiore riconoscimento", inserendolo poi nel '79 e '80 fra
i dieci migliori percussionisti a livello internazionale. Ma l'assiduo
ascolto dei dischi di John Coltrane ha costituito per Moss una
grande influenza anche sul piano dell'atteggiamento personale
e sociale, e, assieme con la consapevolezza dell'unicità di talenti
come Elvin Jones e Tony Williams e dell'impossibilità di uguagliarli,
ha rappresentato uno stimolo decisivo alla ricerca di una strada
non imitativa: strada che Moss ha cominciato ad imboccare sviluppando,
a partire dagli anni settanta, una propria poetica del solo di
grande originalità, impatto e humour. Negli anni ottanta Moss
si è poi affermato come una delle figure di riferimento dell'avantgarde
newyorkese: nelle file delle formazioni che ha guidato sono passati
personaggi come John Zorn, Fred Frith, Arto Lindsay, Bill Laswell,
Jamaaladeen Tacuma, Phil Minton, David Van Tieghem, Christian
Marclay, Fred Maher, Wayne Horvitz, Tom Cora. Fra le sue infinite
collaborazioni dell'epoca, oltre a quelle con molti dei musicisti
citati, vanno ricordate fra l'altro quelle con i Golden Palominos
di Anton Fier, con gli Ambitious Lovers di Arto Lindsay, con Kip
Hanrahan, George Lewis, Eugene Chadbourne e Sussan Dehim. Sempre
negli anni ottanta Moss ha animato il progetto vocale Direct Sound
(con la partecipazione di Greetje Bijma, Anna Homler, Shelley
Hirsch e Carles Santos), si è dedicato a lavori radiofonici (fra
l'altro su testi di Calvino), e ha creato musiche per balletto
(Steve Paxton), teatro e videoart.
Dal '91 Moss
risiede a Berlino. Negli ultimi anni ha operato abbondantemente
nell'ambito del teatro musicale, sia con pieces proprie, spesso
in solo, sia in lavori altrui. Collabora con Heiner Goebbels per
il lavoro teatrale Prometeus e per il lavoro orchestrale Surrogate
Cities, e con Uri Caine (Goldberg Variations e un progetto su
Verdi/Otello). Dal '95 si esibisce come ospite con l'Ensemble
Modern (con cui ha collaborato per un progetto dedicato a musiche
e testi di Frank Zappa).
E' dopo averlo ascoltato a Firenze come solista in un lavoro di
Goebbels interpretato dall'Orchestra della Toscana che Luciano
Berio (che Moss ammirava fin da giovane) gli ha offerto una parte
nella sua opera Cronaca del luogo, che, presentata in prima a
Salisburgo nel '99, verrà ripresa nel 2003-2004 a Genova, Londra
e Parigi. Berio sta intanto allestendo un nuovo lavoro di teatro
musicale in cui Moss figurerà come solista. Fra gli impegni più
prestigiosi degli ultimi anni anche la partecipazione alla riedizione
di Escalator Over the Hill di Carla Bley. Nel '99 Moss ha presentato
il suo gruppo più recente , Vocal Village, all'IRCAM di Parigi.
Ultimamente Moss ha realizzato un lavoro per l'Asko Ensemble (Amsterdam),
basato su Howl di Allen Ginsberg. Attualmente Moss ha inoltre
in repertorio, a parte le pieces più spiccatamente teatrali, diverse
formule di "solo concerts".
Un eccellente esempio del temperamento di Moss è fornito dall'album
My Favorite Things (Intakt 1991), in cui il vocalist-rumorista
si cimenta con pirotecnico, esilarante virtuosismo in una raffica
di rivisitazioni che vanno da Dance On di Prince a Ghosts di Ayler,
da Round MIdnight di Monk a Chebbah di Khaled. Fra gli altri suoi
album recenti si segnalano ancora Texture Time (1994, con la David
Moss Dense Band), e Time Stories (1998, serie di duo con Heiner
Goebbels, Catherine Jauniaux, Hans Peter Kuhn, Koichi Makigami,
Christian Marclay, Phil MInton, Frank Schulte), entrambi su etichetta
Intakt. La seconda sessione dell'Institute for living voice si
terrà a Bruges dal 13 al 23 aprile. I docenti previsti sono Meredith
Monk, Lydia Lunch, David Moss, Phil Minton, Omar Ebrahim (cantante
di musica contemporanea britannico, che ha lavorato fra l'altro
con Pierre Boulez), e Koichi Makigami (cantante rock giapponese).
Per informazioni: 0032-3.225.17.02; info@transparant.be; www.transparant.be
Marcello Lorrai, Musica Jazz, Italia, n 4, aprile 2002
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So wie viele Intakt Aufnahmen
ist auch diese in der Roten Fabrik, Zürcher Sammelbecken für die »freie
Szene«, entstanden. Wer David Moss kennt, weiss dass es sich hier um
ernsthafte Stimmphänomene handelt, diesmal allerdings ergänzt durch
Frank Schultes Keybords und electronics, während der Meister selbst
ebenfalls zur Trommel und zum Drehknopf greift. Koichi Makigami steuert
nebst Stimme auch noch mystische Maultrommel Sounds bei. Vokalimprovisation,
dafür stehen die Namen Moss, Phil Minton, Makigami und Catherine Jauniaux.
Schade, dass ich nicht live dabei war, denn die Kunstfertigkeit der
Stimmen macht es ja so schwer, die Quelle eines Schreis, Jammerns, Kreischens
oder Obertongesanges zu orten. Den vocal chords wird Äusserstes abverlangt,
tierische Laute, tiefste Bässe, hecheln, stöhnen, und Schultes Elektronik
lassen eine recht packende Live Performance vermuten. So ganz will alt
und neu, trotz Schultes Sensibilität (oder ist es Farblosigkeit ?),
aber nicht verschmelzen. Manchmal empfiehlt sich, Altbewährtes zu belassen,
vergesst Elektronik als Marketing-Strategie.
Denise Riedlinger, skug, Wien, 50/02. www.skug.at
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